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l’altro viaggio 353


Dunque si fa forza contro Dio negando o bestemmiando o spregiando la deità, la natura, la bontà di Dio. Chiaramente, con l’accenno alla bontà di Dio, è richiamato lo Genesi, anche se Dante non si fosse fatto ammonir da Virgilio a recarselo a mente. Chè nello Genesi è detto:1 “Prese dunque il signore Dio l’uomo e lo pose nel paradiso deliziano, perchè operasse e lo custodisse„. E questo precetto di operare veniva dalla bontà di Dio che fece l’uomo simile a sè, intelligente e operante. “E l’operare non sarebbe stato faticoso, come dopo il peccato, ma giocondo per lo sperimento della virtù naturale„.2

Come ora un uomo spregerebbe in tal precetto la bontà di Dio? come, rispetto a ciò, farebbe forza in Dio? Non, mi pare, col solo non operare; ma in qualche modo analogo al modo di Capaneo, che come spregi Dio, si vede, mi pare, senz’altro. Ebbene, Capaneo mostra il disdegno che ha di Dio e il poco pregio che fa di lui, dicendo che s’egli lo saettasse ancor laggiù, come fece lassù3

               non ne potrebbe aver vendetta allegra.

Ora Capaneo è un punito da Dio, e uno che chiama vendetta la punizione che riceve o è per ricevere, e uno che minaccia ancor resistenza contro la vendetta. E questo è appunto il caso degli usurieri, se ci rechiamo a mente lo Genesi dal principio. L’uomo peccò, e Dio lo scacciò dal paradiso, dicendogli: “Maledetta la terra nell’opera tua! Nelle fatiche mangerai

  1. Gen. II.
  2. Summa 1a 102, 3. Il passo è di S. Agostino. Vedi «Minerva oscura» 70 e segg.
  3. Inf. XIV 51 segg.
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