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l’altro viaggio | 349 |
Partiti, bestia!
E qui c’è la contumelia e l’oblìo del suo essere; chè bestia non è veramante il Minotauro, come riconosce, per maggior ludibrio, il suo insultatore:
chè questi non viene
ammaestrato dalla tua sorella.
Era dunque figlio di donna anch’esso; e questo riconoscimento è col ricordo della sua sventura, alla quale partecipò chi non doveva. E Virgilio conclude:
Ma vassi per veder le vostre pene.
E questa è l’esultanza nel suo infortunio. Or bene a questa parvipensio accenna Pier della Vigna:1
L’animo mio, per disdegnoso gusto,
credendo col morir fuggir disdegno,
ingiusto fece me contro me giusto.
Ricordandoci che l’ira riflette il bene della giustizia; che l’ira appetisce il male altrui sub ratione di giusta vendetta, che l’ira è per rispetto a quelli rispetto ai quali è la giustizia e l’ingiustizia;2 noi troveremo che in quel terzetto è con perfetta evidenza delineato il concetto di ira. I dissipatori, abbiamo veduto come anche Seneca faccia rei d’ira. La qual ira Dante significa col contrappasso. Chè essi sono dilacerati a brano a brano dalle cagne che sono un’altra forma delle arpie, al modo stesso che quelli dilacerarono le cose loro.3
- ↑ Inf. XIII 70 segg.
- ↑ Summa, passim: 2a 2ae 153, 4; 1a 2ae 46, 6, 7; 47, 1 et al.
- ↑ Vedi più sopra a pag. 344.