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le rovine e il gran veglio | 287 |
in un luogo che mi par certo che Dante conoscesse.1 “Il diavolo è alla nostra destra, quando colui che cadde dal cielo, assoggettandoci nel consentimento al peccato, sale su noi. Quando noi cadiamo, il diavolo sta ritto (erigitur); quando noi sorgiamo egli è abbattuto„. E così Lucifero sta eretto per i peccatori:2
Lo ’mperador del doloroso regno
da mezzo il petto uscia fuor della ghiaccia;
ma Dante, di lì a poco, lo vede “le gambe in su tenere„.3 Dante ha trionfato di lui. E nello scendere di grado in grado, ha sempre avuto lui alla sinistra; al contrario dunque che l’avrebbe avuto, se fosse stato peccatore; e in ciò è un continuo contrasto, un continuo battagliare col principio del male; che è alla destra di chi pecca, e alla sinistra di chi si converte. Ma non in solo ciò s’ha a vedere il segno di questa guerra. Come Dante finisce col salir sul diavolo e vederlo arrovesciato sotte sè, il che è il trionfo ultimo, così passa i fiumi inguadabili, e mediante il parlare ornato di Virgilio, si fa lasciare il passo dai demoni, e cavalca i mostri dell’abisso.
Solo una volta fa di mestieri, avanti la porta chiusa dell’ingiustizia, la virtù eroica del supremamente forte e giusto. Ma, fuor di quella volta, Minos ascolta, senza contrapporre nulla, il decreto dell’onnipossente;4 Cerbero si racqueta col pasto di terra
- ↑ Hugo de S. V. Vol. II Miscellanea II 14. Diabolus vi è interpretato (come però da altri sovente) deorsum fluens; e Dante dice «dal ciel piovuti».
- ↑ Inf. XXXIV 28 seg.
- ↑ ib. 90.
- ↑ Inf. V 21.