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276 sotto il velame


Abbiamo veduto che la pietà diminuisce via via e s’annulla, rispetto ai peccatori d’incontinenza a mano a mano che l’incontinenza offende, quasi inconsapevolmente, la giustizia, o alla giustizia, per la rea inerzia, non basta; e che, rispetto ai peccatori di violenza o bestialità, è più o men viva, secondo che nel peccato predomina la incontinenza o la malizia. Qui abbiamo la conferma del pensiero di Dante. La pietà deve essere morta avanti quelli la cui malizia fu aiutata anche dall’intelletto, e fu proprio mal dell’uomo. Deve essere morta; eppur non sempre è morta; e anche qui è più o men viva: viva, per esempio avanti gl’indovini, morta e ben morta avanti, per esempio, i simoniaci. Così la vergogna in quali è grande, in quali è minore, in quali, poniamo, nulla. C’è un filo che ci conduca?

Il fatto è che nell’altro cerchietto della frode la pietà scema ancora e la vergogna cresce. I traditori tengono il viso basso.1 Subito uno di Caina,2

                                             pur col viso in giue
               disse: Perchè cotanto in noi ti specchi?

Non vorrebbe esser veduto; ma pur conta degli altri, e finisce col dir di sè:

               sappi ch’io fui il Camicion de’ Pazzi
               ed aspetto Carlin che mi scagioni.

Dante s’avanza nella seconda circuizione e qui narra:3

  1. Inf. XXXII 37.
  2. ib. 53 seg.
  3. ib. 74 segg.