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le rovine e il gran veglio 257

stizia. E c’è di essi uno che la giusta pena non pare che senta; e invece Virgilio dichiara che nella sua contumacia è la sua pena maggiore:1

               O Capaneo, in ciò che non s’ammorza
               la tua superbia, se’ tu più punito.

E qui, in questo girone, Virgilio spiega l’uffizio dei fiumi infernali, ministri dell’eterna giustizia, che vengono da Creta dove con Saturno regnò la giustizia e donde l’inferno ha il suo giudice: dove è il gran veglio che con la sua posizione da oriente a occidente mostra qual sarebbe per la natura umana lo stato di giustizia, e col piede di terra cotta, lo stato d’ingiustizia o malizia presente. E non si deve dimenticare il discorso di Brunetto, in cui la parola “malizia„ sembra riassumere quei tre peccati della gente fiorentina che è “avara, invidiosa e superba„;2 e non si deve dimenticare la risposta di Dante alle tre ombre:3

               La gente nuova e i subiti guadagni
               orgoglio e dismisura han generata:

chè orgoglio e dismisura, ponendo che siano il peccato punito nello Stige, o i due puniti l’un nello Stige e l’altro nel quarto cerchio, sono il fomite dell’ingiustizia; poichè l’avarizia è da sè un po’ ingiusta e dà origine al peggio, e l’orgoglio con la timidità è al piede dell’ingiustizia della città roggia. Infine gli usurieri, finitimi, per così dire, alla frode, e asso-

  1. Inf. XIV 63 segg.
  2. Inf. XV 78, 68.
  3. Inf. XVI 73 seg.
Sotto il velame 17