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le rovine e il gran veglio 251

tevol cenno; è fatto della loro schiera, parla con loro di cose1

                                      che il tacere è bello
               sì com’era il parlar colà dov’era.

Avanti la tomba di Farinata egli apprende il proprio esilio,2 e la vanità del tentativo di ritorno. Gloria e dolore, connessi insieme, connettono il nobile castello e il cimitero. E del resto anche qui si parla di altezza d’ingegno.3 E come là si ragiona di fede, qui si parla di Beatrice:4

               La mente tua conservi quel ch’udito
               hai contra te: mi comandò quel saggio:
               ed ora attendi qui! E drizzò il dito.
               
               Quando sarai dinanzi al dolce raggio
               di quella, il cui bell’occhio tutto vede,
               da lei saprai di tua vita il viaggio.

A me basti osservare che qui come nel primo cerchio, si ricorda una sapienza massima; e che quel cerchio è il luogo tristo di tenebre, e che queste arche hanno un barlume che si ha a spegnere nel giorno dell’ira. E qui Virgilio dà al discepolo un consiglio di prudenza: ricordarsi ciò che ha udito quivi ma aspettar lume da Beatrice. E qui Virgilio prudentemente fa sostar Dante5

               sì che s’ausi prima un poco il senso
               al tristo fiato;

e qui l’ammaestra intorno ai peccati e alle pene, e

  1. Inf. IV 94 segg.
  2. Inf. X 79 segg.
  3. ib. 59.
  4. ib. 127 segg.
  5. Inf. XII 32 seg.