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le rovine e il gran veglio | 243 |
dimora, mentre, localmente, dimora di qua, di qua dell’Acheronte, non di là. Chè quelli del limbo sono morti della seconda morte, della morte totale, perchè non adorarono debitamente Dio: morti della vulneratio; e sono nel tempo stesso vivi delle altre morti, vivi delle tre disposizioni, vivi delle quattro ferite, perchè ebbero le quattro virtù.
La nobiltà o virtù o fortezza eroica o divina del Messo vale ad aprire la porta di Dite, cioè la porta dell’ingiustizia: vale per la giustizia. Ora l’Enea del Convivio è il tipo della temperanza e della fortezza; ma si noti ch’egli è tale “nella parte dell’Eneida ove questa età si figura, la quale parte comprende il quarto e ’l quinto e ’l sesto libro dell’Eneida„.1 Dante avrebbe trattato di lui nel seguito del Convivio, perchè egli promette di parlarne “nel settimo Trattato„. Il Convivio restò interrotto; ma il poeta ne parla invece nel Monarchia e nel Poema sacro. E ne parla per dire ch’egli è il nobilissimo padre del popolo Romano e ch’egli è “il giusto figliuol d’Anchise„, che
fu dell’alma Roma e di suo impero
nell’empireo ciel per padre eletto.
La sua vittoria, che fu l’istituzione del perfetto stato di vita civile, come a dire, il trionfo della giustizia, fu cagionata dalle cose che intese negl’inferi. C’è,
- ↑ Conv. IV 26.
dichiarare il fatto della selva «che non lasciò giammai persona viva», eccetto Dante, naturalmente, che sarebbe di tutti i peccatori d’ogni tempo l’unico a salvarsi! E sì che i balzi del purgatorio sono pure affollati! E sì che la candida rosa è pur gremita! Ma il sottile e — non l’ingegnoso, ma il sofistico — son io.