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218 sotto il velame


               Bontà non è che sua memoria fregi;

e ciò dice subito dopo aver mentovato il suo orgoglio. Non è lecito presumere che il pensiero di Dante sia appunto che quello dello Argenti era orgoglio od audacia per ciò che il suo animo non era spinto dal bene comune, sì che nessun bene di lui si poteva raccontare? Ma un’altra cosa certo il Poeta non ignorava, chè era del maestro di color che sanno e nella Etica la quale Virgilio a Dante dice: Tua. Aristotele, riportato nella Somma, dice che “gli audaci sono prevolanti, e volanti avanti i pericoli; ma quando ci sono dentro, si partono„.1 I forti, dichiara il dottore, i forti invece persistono nel pericolo, perchè nulla d’impreveduto vi provano, anzi vedono il rischio minore di quel che pensavano. E sèguita: “o anche perchè affrontano i pericoli per il bene; il qual volere di bene persevera in essi, per grandi che i pericoli siano; mentre gli audaci li affrontano per la sola estimazione, la quale dà speranza ed esclude il timore„; per la sola estimazione che sia possibile la vittoria.2 Dal che si raccoglie che l’audacia, non essendo per il bene, finisce subito in viltà.

Or non è tutto ciò in Filippo Argenti? Egli è prevolante:3

               Mentre noi correvam la morta gora,
               dinanzi mi si fece un pien di fango,
               e disse: Chi se’ tu che vieni anzi ora?

Dopo breve diverbio,4

  1. Eth III 7; Summa 1a 2ae 45, 4.
  2. ib. Art. 44.
  3. Inf. VIII 31 segg.
  4. Inf. VIII 40.