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le rovine e il gran veglio 199

tato: “Natura umana„. In vero Beda1 afferma che quattro ferite furono inflitte dal peccato del primo parente a tutta la natura umana: infirmità, ignoranza, malizia e concupiscenza. E S. Tommaso, ragionandone, dice che “mediante la giustizia originale la ragione perfettamente conteneva le inferiori potenze dell’anima... Questa fu sottratta mediante il peccato del primo uomo, e perciò tutte le potenze dell’anima rimangono in certo modo destituite del loro ordine per il quale naturalmente sono ordinate a virtù; e questa destituzione stessa è detta vulneratio naturae„. Or la fessura del gran veglio comincia dove finisce l’oro, cioè lo stato d’innocenza o, diciamo con più classica parola, di giustizia originale. Nel che si deve ricordare che Creta, oltre Saturno, ebbe anche un re così giusto, che Dante, pur trasformandolo in demonio, lo accetta e conserva come giudice dell’inferno. La fessura è molto probabilmente, dunque, codesta vulneratio, e il gran veglio è la natura umana.

Ora la vulneratio si esplica in quattro ferite; e le potenze dell’anima cui queste vulnerano, sono la ragione (intelletto), la volontà, l’irascibile, il concupiscibile. Capovolgiamo; ed ecco si trova con l’inferno Dantesco una perfetta corrispondenza, in quanto in esso, cominciando dal secondo cerchio, è punita l’incontinenza, prima di concupiscibile e poi d’irascibile; quindi l’inordinatio nella sola volontà, all’ultimo quella ancor dell’intelletto. Ebbene i fiumi infernali che sgorgano dalla fessura del gran veglio,

  1. Summa 1a 2ae 85, 3. Donde sia tratto il luogo di Beda, non occurrit.