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188 sotto il velame

l’angelo, e che fa il peccato pena del peccato; e che, quando ci persuadessimo che il peccato di Caifas si riduce a invidia e quello di Giuda a superbia, questa pena è data da un peccato simile e identico: superbia punisce superbia, e invidia, invidia.

La seconda e la terza rovina sono a Dante via nel suo cammino oltremondano.

               Era lo loco, ove a scender la riva
               venimmo, alpestro...
               cotal di quel burrato era la scesa.
               
               . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
               Così prendemmo via giù per lo scarco
               di quelle pietre...1

Questo per la seconda rovina. Per la terza:2

               Montar potrete su per la ruina
               che giace in costa e nel fondo soperchia.
               . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
                                      levando me su ver la cima
               
               d’un ronchione, avvisava un’altra scheggia,
               dicendo: sopra quella poi t’aggrappa;
               ma tenta pria se è tal ch’ella ti reggia.

Insomma Dante aiutato da Virgilio sale su faticosamente “di chiappa in chiappa„. È ragionevole indurre che anche per la prima rovina Dante prendesse via, nello scendere dal limbo al secondo cerchio; e che Dante non lo dica ma voglia che s’intenda, per quell’intenzione del suo stile di spiegar le cose a poco a poco, come egli stesso finge di conoscerle

  1. Inf. XII 1 seg. 10, 28 seg.
  2. Inf. XXIII 137 seg. XXIV 27 segg.