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158 | sotto il velame |
al mal si torce, o con più cura
o con men che non dèe corre nel bene?1
Siccome la cupidità si risolve o si manifesta (secondo la poca diversa interpretazione della parola liquarsi) in volontà iniqua, si deve dire ch’ella non è solamente amore che corra nel bene con più cura che non deve. Ed è pure questo amore del proprio bene. Chè lo dice la parola stessa, e lo dicono tutti gli esempi che ho riportati di cupidi, come papa Niccolò e il nuovo Pilato e la meretrice. Ma è nel tempo stesso amore che si torce al male: diciamo, che finisce con torcersi al male.
È così. Amore è il principio d’un moto dell’appetito. È il principio del desiderio. L’appetito muove e muta in qualche modo l’appetito, mostrando compiacenza; e questa compiacenza dell’appetibile determina un movimento che è desiderio e all’ultimo un riposo (quietem) che è gioia.2 Cupidità è di questa fatta: eccettochè il cuore non ha il suo riposo per questa, come per l’amore che spira drittamente:3
Vidi che lì non si quetava il cuore!
esclama papa Adriano nella cornice dell’avarizia. Or qual era la sua colpa? Questa: che fu anima misera e partita da Dio, cioè non ebbe l’amore diretto ne’ primi beni; che l’occhio suo
non s’aderse
in alto, fisso alle cose terrene.4
- ↑ Purg. XVII 100 seg.
- ↑ Summa 1a 2ae 26, 2.
- ↑ Purg. XIX 109.
- ↑ ib. 121 seg. 118 seg.