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140 | sotto il velame |
Ora se Gerione e lonza simboleggiano tutti e due la frode, quella corda, se aveva a prender la frode, era una virtù ad essa contraria.
Non però “il buono accorgimento„ del Casella. Chè allora il cenno della corda direbbe a Gerione: C’è quassù un malaccorto; vieni a prenderlo. E ciò tornerebbe; ma nel dolce mondo, non nell’inferno. Nell’inferno Gerione salirà su, se crederà di trovare un fraudolento, non un semplice; uno pieno di accorgimenti e di segrete vie per offendere altrui, non uno sfornito pur d’ogni prudenza per difendere sè. Dunque non il buono accorgimento, ma quella virtù cui chi non abbia, è reo di frode. E qual è questa virtù? È, credo, la carità; quella di cui appunto Virgilio, nella bolgia quarta dei fraudolenti, dice:1
Qui vive la pietà quand’è ben morta;
la pietà che non è esclusa in altri cerchi e verso altri peccati e peccatori. Bene: ora bisognerebbe provare che la corda ch’uno si cinga ai lombi, può valere la carità. E non credo si possa provare.2 Codeste cinture devono aver un significato di stringere e frenare. Ma pure ammettiamo che la Corda di Dante valga la carità o quella, qual si voglia, virtù,
- ↑ Inf. XX 28. Che la carità sia la virtù opposta al peccato di Malebolge, crederà ognuno che creda con me che esso sia l’invidia.
- ↑ In un mistico, Hugo de S. Victore (Op. Migne III 847), trovo, per esempio, tre cinctoria che nos stringunt et cohibent: il ricordarsi della morte, il decoro della pudicizia, l’amor religioso. Di quest’ultimo si cingono, a dir il vero, i cittadini angelici insistentes charitati. Ma il mistico dichiara (ib. 761, 762) che ne fu cinto Giovanni nell’Apocalissi e principalmente ne usò il Cristo e che è contro la superbia.