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132 sotto il velame

come nella palude stigia siano puniti quelli che non moderarono la timidità loro. Già il timore è tristizia;1 e i fitti nel fango furono e sono tristi; e poi nel fango hanno a stare, come porci in brago, certuni ch’or sono “lassù gran regi„.2 E questi, per tagliar corto, sono certamente tali che non ebbero la virtù più propria dei re, la magnanimità, cioè la fortezza; ed ebbero invece “la viltate„ quale, ad esempio, quella3 “di quel che guarda l’isola del foco„. La loro incontinenza, dunque, è punita; perchè incontinenza è, secondo Virgilio: incontinenza, dunque, d’irascibile. Nell’inferno, possiamo già dirlo, si puniscono le due specie d’incontinenza.

E Dante espressamente lo dice. Egli, udita la lezione di Virgilio intorno alla malizia, mostra di meravigliarsi4, come, se ogni malizia è punita entro il baratro, siano anche puniti

                              quei della palude pingue,
               che mena il vento, che batte la pioggia
               e che s’incontran con sì aspre lingue.

Osservisi questo novero. Se Dante voleva l’ordine inverso dei peccatori come furono veduti da lui, avrebbe mentovato, dopo quelli della palude, quelli che si sgridano, e poi quelli sotto la pioggia, e infine quelli in balìa del vento; se voleva l’ordine diretto, avrebbe prima domandato di questi ultimi, e via via degli altri; mentre così non pare abbia tenuto alcun ordine. E invece si vede che il poeta divide in due

  1. Summa 1, 2a 41, 2.
  2. Inf. VIII 49.
  3. Par. XIX 130. Per questo rimando alla Minerva Oscura. E anche qui se ne riparla.
  4. Inf. XI 67 segg.