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112 | sotto il velame |
Era dunque non più solo avanti la lonza, ma avanti il leone e specialmente avanti la lupa; chè la paura è di tutte e due, o di tutte e tre le fiere, e anche della selva, ma solo quella ispirata dalla lupa
lo ripingeva là dove il sol tace.
Fu questo l’impedimento1 di cui si compianse una donna gentile nel cielo, la quale mandò Lucia a Beatrice. E da lei Beatrice sa che Dante pietosamente piange e che lo combatte la morte “su la fiumana„. La morte lo combatte; dice Lucia. “Tutti argomenti alla salute sua eran già corti„ conferma Beatrice. La “pietà del suo pianto„ è il rovinare di Dante in basso loco piangendo e rattristandosi. Nel miraggio, per cui un’azione terrestre si stampa, per così dire, nel cielo, trasfigurandosi, sì che alcuni tratti si conservano, altri si perdono, il pensiero di Dante che assomigliò la selva a un pelago dell’onda perigliosa e sè a un naufrago ansante, ha un’ombra nel cielo; e la selva diviene fiumana: ha un’eco nel cielo; ed è affermata peggiore di un pelago. E dunque Dante è ripinto verso la notte: ove il sol tace; verso la valle: in basso loco. È tornato o sta per tornare a quello stato dell’animo, in cui più non si discerne, in cui più non luce la prudenza, e con essa mancano le altre virtù; riprova l’amarezza della morte; anzi la morte ora lo combatte così, che la sua salute non può essere opera che di lassù.
Sta per ritornare alla condizione di viltà, in cui era prima del passo della selva? a quella condizione,