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88 | sotto il velame |
Dante è breve, ma chiaro. Il segno ha avvertito anche la custodia della porta, perchè sia pronta ad aprire. I custodi hanno aperto, hanno guardato, hanno visto che un de’ due che Flegias ha recati, è vivo. Sono allora accorsi diavoli in frotta, a veder la novità forse minacciosa per loro. Come sanno da Virgilio ciò ch’a lor si porse, subito tutti rientrano, ricorrono1 dentro, e chiudono, e serrano. Erano corsi fuori, ricorrono dentro; avevano aperto, chiudono. Così mi pare. E poi Dante qui ha il pensiero nella filosofia cristiana, ma l’occhio nella visione Virgiliana. La porta dell’interno Averno è in Virgilio aperta notte e giorno, ma quella del Tartaro è chiusa, e grande, e con stipiti di ferro che nè uomini nè Dei possano infrangere:2 si apre solo quando il reo ha subìto il giudizio di Radamanto e il flagello di Tisifone.
E in Dante, come chiusa è la porta di Dite, così chiusa doveva essere l’altra, quella dell’inferno totale. Non era questa, prima della discesa di Gesù, equivalente a quella? Dite non reggeva ancor lassù? il grande stuolo non era a quella porta men segreta? E aprivano, via via, a chi si presentava. E dunque la porta chiusa è simbolo di dannazione e di morte e di servitù e di peccato, e la porta aperta e lasciata senza serrami, sì che non può più chiudersi, è simbolo di redenzione e di battesimo e di salvazione e di libertà.
Pure anche qui distinguiamo. Per uno che beva ancora la luce, è segno di redenzione; per chi è cor-
- ↑ Inf. VIII 118: ciascuno dentro a prova si ricorse.
- ↑ Aen. VI 552 sgg. 573.