Pagina:Sopra lo amore.djvu/64

58 marsilio ficino

me Marco Varrone e Marco Manilio. Costoro, come empii, non solamente non racquistarono il Lume divino da principio disprezzato, ma eziandio il naturale, male usando, guastarono. Quello, che è guasto, meritamente si chiama rotto e diviso: e però gli animi loro, i quali, come superbi nelle forze loro si confidano, sono segati di nuovo, come disse Aristofane.

Questi ancora il naturale lume, che in loro era rimasto, con false opinioni oscurano, e con perversi costumi spengono; e però coloro il lume naturale usano rettamente, i quali conoscendo quello esser povero stimano lui bastare forse a giudicare le cose naturali; ma a giudicare le cose sopra natura pensano essere di bisogno di lume più sublime. Onde purgando l’animo si apparecchiano in modo, che la divina luce di nuovo in loro splenda: per i raggi della quale rettamente giudicheranno di Dio, e nella antica integrità fieno restituiti.


Capitolo VI

Che l’amore porta l’anime in cielo, distribuisce i gradi della beatitudine, e dà gaudio sempiterno.


Adunque, o voi prestantissimi convitati, questo Dio il quale disse Aristofane essere sopra tutti alla umana generazione benigno, fatevelo propizio con ogni generazione di sacrifizio. Invocatelo con prieghi pietosi. Abbracciatelo con tutto il cuore. Costui per sua beneficenza, gli animi in prima mena alla celeste Mensa, abbondante di ambrosia e di nettare, cioè cibo e liquore eterno. Di poi distribuisce ciascuno a’ convenienti scanni. Finalmente in eterno con suave diletto gli mantiene: perchè nessuno ritorna in Cielo, se non colui che piace al Re del Cielo. Colui più che altri gli piace, il quale più che gli altri lo ama. Conoscere Dio in questa vita, veramente è impossibile: ma veramente amarlo, in qualunque modo conosciuto sia, questo è possibile e facile. Quelli che conoscono Dio, non