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prie vene e acciò che il nuovo sangue passi per le vene nuove e tenere. Avviene ancora che questo ammalato è mosso insieme da voluttà e dolore. Da voluttà per la chiarezza, e la dolcezza di quello vapore e sangue1. La chiarezza alletta. La dolcezza diletta. Mosso è ancora da dolore, per cagione della sottilità e del caldo. La sottilità divide gli interiori, e lacera: il caldo a lo uomo toglie quello, che era suo: e nella natura d’altri lo muta. E per cagione di questa mutazione, non lo lascia in sè medesimo posare: ma tiralo sempre inverso quella persona dalla quale fu ferito. Questo accennava Lucrezio quando disse: «Il corpo ci tira a quello obbietto, onde fu la mente da Amore vulnerata: imperocchè comunemente i feriti cascano bocconi sopra la ferita: e il sangue a quella parte corre dove è la ferita: e se il nimico è prossimo, in verso quello il sangue corre». Lucrezio in questi versi vuole che il sangue dello uomo, il quale dal raggio degli occhi fu ferito, corra in verso colui che lo ha ferito: non altrimenti che il sangue di colui, che fu di coltello ucciso, corre inverso lo omicida. Se voi ricercate la ragione di questo miracolo, io ve lo chiarirò in questo modo: Ettore ferisce, e uccide Patroclo: Patroclo volge gli occhi in verso Ettore, che lo ferisce: onde il suo pensiero giudica doversi vendicare: e subito la collera s’accende a la vendetta. Dalla collera si infiamma il sangue: il quale infiammato, subito corre a la ferita, sì per difendere quella parte, sì eziandio per vendicare. Al luogo medesimo corrono gli spiriti: e gli spiriti perchè sono leggieri volano fuori, insino ad Ettore: e passano dentro a lui: e per il caldo suo insino a un certo tempo si mantengono: verbigrazia, insino a ore sette. Se in questo tempo Ettore accostandosi

  1. Abbiamo in questo punto modificato alquanto la traduzione italiana, che presentava un contesto difficilmente comprensibile, e l’abbiamo resa conforme all’originale latino: «Fit etiam ut voluptate simul et dolore aeger hic tangatur. Voluptate, propter vaporis illius et sanguinis claritatem atque dulcedinem ecc.»