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138 marsilio ficino

si distende insino a colui che guarda: e insieme col raggio, il vapore del sangue corrotto corre: per la contazione del quale, l’occhio di chi vede, inferma. Scrive Aristotile che le donne quando sono nel corso del sangue mestruo, spesse volte guardando macchiano lo specchio di gocciole sanguigne. Credo io che questo di qui nasca, che lo spirito che è vapore di sangue, è quasi un certo sangue sottilissimo, in modo che non si manifesta agli occhi: ma ingrossando in su la superficie dello specchio, si fa visibile. Questo percotendo in materia rara, come panno o legno non si vede: perchè non rimane nella superficie di tale materia: ma passa dentro. Se percuote in materia densa e aspra, come sassi e mattoni, per la inegualità in tal corpo si rompe e dissipa. Ma lo specchio, per la sua durezza ferma nella superficie lo spirito: per la egualità e delicatezza sua lo conserva, che non si rompa: per la sua chiarezza il raggio dello spirito conforta e augumenta: per la sua frigidità condensa in gocciole la rara nebbiolina di quello vapore. Per la medesima ragione, quando a bocca aperta spiriamo forte in un vetro, bagniamo la superficie di quello d’una sottilissima rugiada di sciliva: perchè lo alito che da la sciliva vola fuori, condensato poi nella materia del vetro, in umore di sciliva finalmente ritorna. Chi si meraviglierà adunque, se l’occhio aperto, e con attenzione diritto inverso alcuno, saetti a gli occhi di chi il guarda le frecce de’ raggi suoi, e insieme con queste frecce, che sono il carro degli spiriti, scagli quel sanguigno vapore, che noi chiamiamo spirito? Di qui la velenosa freccia trapassa gli occhi: e perchè ella è saettata dal cuore di chi la getta, però si getta al cuore dell’uomo ferito, quasi come a regione propria a sè e naturale. Quivi ferisce il cuore: e nel suo dosso duro si condensa, e torna in sangue. Questo sangue forestiero, il quale da la natura del ferito è alieno, turba il sangue proprio del ferito: e il sangue proprio turbato, e quasi incerconito, s’inferma. Di qui nasce la fascinazione, cioè mal d’occhio, in due modi. Lo aspetto d’un