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124 | marsilio ficino |
rale non si empie: perchè egli non appetisce in verità il corpo: ma desidera (come Narciso) la sua spezie propria, allettato dalla forma corporale: la quale è immagine della spezie sua: e perchè non s’avvede di questo errore, desiderando una cosa, e seguitandone un’altra, non può mai empiere il desiderio suo. E però si distilla in lagrime, cioè l’animo poi che è caduto fuori di sè e tuffato nel corpo, da mortali turbazioni è tormentato e macchiato dalle macule corporali, quasi affoga, e muore: perchè già apparisce corpo piuttosto che animo. Onde Diotima volendo che Socrate schivasse questa morte, lo ridusse dal corpo a lo Animo, da l’Animo a lo Angelo, e da l’Angelo a Dio.
Capitolo XVIII
Come s’innalza l’anima da la bellezza del corpo a quella di Dio.
Orsù, carissimi convitati, fingete nello animo vostro che Diotima di nuovo ammonisca Socrate in questo modo. Considera, Socrate mio, che nessuno corpo è interamente bello. Imperocchè o veramente egli è in una parte bello, nell’altra brutto, o veramente oggi bello e altra volta brutto, veramente agli occhi d’alcuno riesce bello agli occhi d’un altro riesce brutto. Adunque la Bellezza del corpo essendo macchiata per contagione di bruttura, non può essere Bellezza pura, vera, e prima. Oltre a questo, nessuno può pensare la Bellezza essere brutta: siccome nessuno può pensare la sapienzia essere pazza. Ma la disposizione de’ corpi, alcuna volta speciosa, alcuna volta turpe stimiamo: e in un medesimo tempo, di quella, varie persone variamente giudicano. Non è adunque ne’ corpi la Bellezza vera e somma. Aggiugnesi a questo, che molti corpi sotto un medesimo nome di Bellezza si chiamano: una è adunque in molti corpi la natura della Bellezza comune, per la quale