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118 | marsilio ficino |
Capitolo XV
Per che via si mostra che sopra il corpo è l’anima, sopra l’anima è l’angelo, e Dio.
Insino a qui si è detto de le due abbondanze dell’Anima, e de’ due Amori: per lo avvenire diremo per che gradi Diotima innalza Socrate da lo infimo grado per i mezzi al supremo, tirandolo dal corpo a l’Anima: da l’Anima a lo Angelo: da l’Angelo a Dio. Che e’ sia di bisogno essere nella natura questi quattro gradi argomenteremo in questo modo. Ogni corpo è mosso da altri: e non può sè medesimo per sua natura muovere: conciosia che non possa per sè alcuna cosa fare. Ma pare che si muova per sè medesimo, quando dentro a sè ha la Anima: e per lei vive: e presente lei in qualche modo sè medesimo muove. Dipartita la Anima, bisogna che da altri sia mosso, come quello che tale facultà di muoversi da sè non possiede: ma l’Anima è quella in cui regna la facultà di muovere sè medesima. Imperocchè a qualunque ella si fa presente, gli presta forza di muovere sè medesimo, e quella forza che ella presta ad altri, debbe ella prima e molto più avere. È dunque l’Anima sopra il corpo, come quella che può sè medesima secondo la sua essenzia muovere: e per questo debbe soprastare a quelle cose, che pigliano facultà di muoversi non da sè medesime, ma per presenzia d’altri: e quando noi diciamo l’anima per sè medesima muoversi, non l’intendiamo in quel modo corporale, il quale Aristotile cavillando appose al gran Platone: ma intendiamolo spiritualmente, e in modo assoluto più tosto che transitivo: in quel modo che intendiamo quando diciamo Iddio per sè stare, e il sole per sè lustrare, e il fuoco per sè essere caldo. Non si intende che l’una parte dell’Anima muova l’altra: ma che tutta l’Anima da sè, cioè per sua natura, si muova. Questo è, che discorra con la ragione d’una cosa in un’altra: e trascorra l’opere del nutrire, augumentare,