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110 marsilio ficino

ruba te a te, e te tutto a sè usurpa. Tu desideri di fuggire chi con le fiamme sue ti abbrucia: e desideri accostarti a lui, acciocchè accostandoti a chi ti possiede ti accosti a te stesso. O misero, tu cerchi te fuori di te: e accostiti a chi ti ruba per ricomperare te qualche volta, che sei prigione. O stolto, tu non vorresti amare, perchè tu non vorresti morire: ancora non vorresti non amare, perchè tu giudichi di servire alle immagini delle cose celesti. Per questa alterazione avviene che quasi in qualunque momento l’Amore s’appassa e rinverdisce.

Oltre a questo Diotima pone lo Amore in mezzo tra la sapienza e l’ignoranza, perchè l’Amore per suo obbietto seguita le cose belle: e delle cose belle, la sapienza è la più bella, e però appetisce la sapienza. Ma colui che appetisce la sapienza non la possiede in tutto, perchè chi è quello che cerchi quello che possiede? E ancora interamente non ne manca. Ma in questo solo almeno è savio, che e’ riconosce l’ignoranzia sua. Colui che non sa sè non sapere, senza dubbio non sa le cose: e non sa il suo non sapere: e non desidera la scienza della quale non s’accorge essere privato. Adunque lo Amore della sapienza, perchè è in parte di sapienza privato, e in parte è sapiente, però in mezzo tra la sapienza e la ignoranza si pone. Questa disse Diotima essere la condizione dello Amore: ma la condizione della superna bellezza è questa, che è delicata, perfetta e beata. Delicata, in quanto per la sua suavità lo appetito di tutte le cose a sè alletta. Perfetta, inquanto le cose che allettò tirando le illustra con i raggi suoi e falle perfette. Beata, in quanto empie le cose illustrate de’ beni eterni.


Capitolo XI

Qual sia la utilità d’amore per la sua diffinizione


Poi che Diotima narrò quella che è l’origine dello Amore e la sua qualità già dichiara qual sia il fine e la utilità in questo modo. Tutti desi-