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94 | marsilio ficino |
della Angelica vita: nella quale quando descende Poro, cioè il raggio di Dio, congiunto con Penia, cioè con la povertà, che prima era nello Angelo, crea lo Amore. L’Angelo prima per esso Dio è e vive: in quanto a queste due cose, essenzia e vita, si chiama Saturno e Giove. Ha ancora la potenzia dello intendere: la quale secondo il nostro giudizio si chiama Venere: questa tale potenzia se da Dio non è illuminata, è per sua natura informe e oscura: siccome è la virtù dell’occhio innanzi che a lui venga il lume del Sole. Questa oscurità crediamo, che sia Penia: quasi povertà e mancamento di lume. Ma quella virtù dello intendere per un suo certo istinto naturale voltatasi verso il Padre suo, da lui piglia il raggio divino, che è Poro e abbondanza: nel quale non altrimenti che in un certo seme si rinchiuggono le cagioni di tutte le cose: per le fiamme di questo raggio s’accende quel naturale istinto. Questo incendio, e questo ardore, che nasce da la oscurità di prima, e da la scintilla che vi sopragiugne, è lo Amore nato di povertà e di ricchezza. Nell’orto di Giove: cioè generato sotto l’ombra della vita. Conciò sia che subito dopo il vigore della vita gli nasce ardentissimo desiderio di intendere. Ma perchè inducono eglino Poro essere ebbro di Nettare? Perchè trabocca per la rugiada de la vivacità divina. Ma perchè è lo Amore in parte ricco e in parte povero? Perchè noi non usiamo desiderare quelle cose, le quali sono interamente in nostra possessione: nè quelle ancora, delle quali noi al tutto manchiamo. E veduto che ciascuno cerca quella cosa che gli manca, colui che interamente essa cosa possiede, a che proposito cercherebbe più oltre? E dato, che nessuno desideri quelle cose delle quali egli non ha alcuna cognizione, è necessario, che noi abbiamo in qualche modo notizia di quella cosa, che noi amiamo. Nè anco è abbastanza avere qualche notizia: però che molte cose, che ci sono note sogliamo avere in odio. Ma bisogna ancora che noi stimiamo quella doverci essere utile, e gioconda. Nè anco pare che questo ci induca ad una grande benevolenzia, se noi prima non giudichiamo facil-