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ni mi iscusi adunque, chiunque si sia, se in materia cosi grande io ho avuto ardire di porvi la mano, che anzi stimarei di far grave ingiuria alla mia fedeltà, che tanta debbo alla Serenissima Republica di cui son huomo ligio, et divotissimo soggetto, quando non impiegassi quel poco di talento datomi dal Sign. Dio, oltre le fatiche de miei studij, rispondendo, come particolare, à particolare, in difesa di così giusta, et pietosa causa, e crederei parimente di far torto à tanti valorosi soldati, che in campo à favore del mio Principe guerreggiano con le forze del corpo, se poiche lo stato mio mel vieta di poter ciò fare con la persona, non guerreggiasse almeno con quelle dell’intelletto. Ma perche coloro, che anno preso il gaggio per difesa de gli Uscocchi, huomini fierissimi, più che Barbari, et di crudeltà inaudita, et senza essempio, participaranno forsi anch’essi della loro ostinata natura, ne vorranno in niuna cosa discredere ai loro tenaci pensieri, anzi porransi alla contesa di quell’ancora, che ogni gentile intelletto, avvenga, che duro avversario mi fosse, mi sarebbe nondimeno cortese, ho proposto in questa mia difesa di caminare di passo in passo, cominciandomi da quelle premesse, che mi pareranno necessarie, riducendole à suoi principij, che è il vero modo di conoscere, et d’imparare, quelle addattando poi alla materia controversa per meglio accertar nel vero, e non dar adito se sia possibile a materia straniera, e fuori del caso. E perche dalle cagioni nascono gli effetti, e cosa troppo chiara, che nella presente contesa d’armi, la cagione de tutti i moti sono gli Uscocchi, per i danni, prede, ruine, incursioni fatte in Mare, et


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