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di francesco redi. | 23 |
gio scelsi una Vipera femmina delle più grosse, e rigogliose, e le feci mordere nella coscia destra a un per uno dieci pollastri, de’ quali, il primo, il secondo, ed il terzo morirono quasi subito: il quarto parve solamente che stesse di malavoglia: ed il quinto, e gli altri tutti non solamente non morirono, ma non ebbero male alcuno: E pure ogni volta, che la Vipera mordeva, se le dava grandissima occasione d’incollorirsi a suo dispetto, e d’infuriarsi.
Nel Mese di Giugno replicai l’esperienza con cinque anitre domestiche fatte mordere da una sola Vipera; dalla quale feci mordere, immediatamente dopo, tre piccioni torraiuoli: La prima anitra ferita morì in tre ore, la seconda in cinque; ma l’altre non morirono. Egli è ben vero, che morì il primo piccion torraiuolo, ma non già gli altri due ultimi. Di dodici picciongrossi una volta ne morirono solamente quattro; ma il giorno seguente di dodici altri ne morirono fino in sei. Di cinque conigli ne rimasero morti tre; e di tre agnelli i due ultimi la scamparono, essendo morto il primo dieci ore dopo, che fu morso.
Sarei troppo noioso alle Signorie Vostre se tutte quante l’altre simili prove raccontar volessi; onde farò passaggio a rammentare, che avendo io scritto nelle mie Osservazioni, che quel liquor giallo non era mandato alle guaine de’ denti dalla vescica del fiele, messi allora in considerazione, se per avventura poteva sgorgarvi per alcuni condotti salivali,