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Celebes, che volgarmente son dette frecce del Bantan nella Giava maggiore, sia un veleno cavato dalla bocca delle Vipere, o di altri serpenti di razza non dissimile alle Vipere, e forse ancora di natura più maligna per cagion del Clima. Non sarei lontano dal crederlo, e potrebbe confermarlo l’aver letto in Plinio, che gli Sciti avvelenavano le loro saette col veleno viperino. Scythæ sagittas tingunt viperina sanie, & humano sanguine: irremidiabile id scelus, mortem illico affert levi tactu, e Plinio lo copiò forse da Aristotile, che nel libro intitolato περὶ θαυμασίων ὰκουσμάτων ne scrisse, press’a poco una manipolazione, la quale non ardirei d’affermare, che fosse la vera, o che vi fossero necessarie tante condizioni, e cautele. E chi sa che ancor le saette d’Ercole, delle quali favoleggiasi essere state macchiate col sangue dell’Idra, non fossero intinte in questa stessa peste delle Vipere? Lo credè Diodoro Siculo allora che scrisse τῆς ἀκίδος τὴν ἐκ τῆς ἐχίδνης ἰὸν ἀνειληφυίας. Ed Ovidio nel nono delle trasformazioni diede all’Idra il nome di Vipera.
Pars quota Lernae serpens eris unus Echidnæ,
e appresso.
— — — — — capit inscius Heros
Induiturque humeris lernae virus Echidnæ
Al che si aggiunga, che Filottete erede dell’arco, e delle saette d’Ercole, mentre andava col Navilio de’ Greci alla guerra Τroiana, si ferì disavvedutamente [come racconta Servio gramatico sopra ’l terzo