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di francesco redi. 13

e tutti in brev’ora morirono: E lo stesso seguì con altre teste di Vipere, che ammazzate di sei giorni doveano ragionevolmente aver deposta ogni collera, e stizza, ed ogni pensiero di vendetta. E per tor via affatto ogni opposizione, che intorno a ciò si potesse fare non mancherò di riferire alle Signorie Vostre, che verso ’l principio d’Agosto, essendo morte spontaneamente di lor proprio male, o di stento due Vipere, che sole mi eran rimase in una scatola, con esse feci mordere due colombi torraiuoli, che anch’essi come i primi se ne morirono in poco meno di un’ora.

Dirò di più. Io aveva raccolto in un vaso di vetro tutto quanto il liquor velenoso cavato da’ capi di dugencinquanta Vipere, a fine di poterlo in diverse maniere, e con mio comodo esperimentare; ma impedito da molte occupazioni ne trascurai l’adempimento: Laonde quel liquore diventò prima simile ad una colla del color del Carabe, poscia, passati che furono trenta giorni, divenne rasciutto, frangibile, e facile a ridursi in polvere. Fatto che l’ebbi polverizzare, volli accertarmi, se quella polvere messa nelle ferite conservava la stessa potenza di avvelenare; ed in vero che morirono in brev’ora tutti quanti que’ molti galletti, e picciongrossi, e torraiuoli, dentro alle ferite de’ quali, messi qualche quantità di quella polvere.

Questo così fatto esperimento mi fa dubitare se il veleno di quelle frecce del Re di Macassar nell’Isola di