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12 | lettera |
que’ capi furon finiti in tutto, e per tutto di morire, ne raccolsi il veleno, e lo feci penetrare nelle ferite, di otto colombi terraiuoli, quali in capo a mezz’ora morirono tutti.
Nel Mese di Giugno, avendo fatt’ ammazzare molt’altre Vipere, e cavato dalle guaine de’ denti, e dal palato ogni umor giallo, e viscoso, che vi fosse, unsi con esso, e impiastrai alcuni fuscelletti di scopa, aguzzi in foggia di piccole saette, e subito con quegli punsi dieci picciongrossi nella parte più carnosa del petto, lasciando fitti, e nascosti nelle piaghe quei fuscelli avvelenati, ed i piccioni non camparono più di due, o di tre ore. Ma, perchè si poteva dubitare se fossero morti per cagione della semplice piaga innasprita dalle continue punture di quegli stecchi, perciò a quattr’altri picciongrossi feci lo stesso giuoco, ma con fuscelli non inzuppati di quel mortifero liquore, e questi ultimi quattro non morirono mai, ancorchè le ferite inciprignissero, e facessero marcia.
Presi otto capi di Vipere troncati sei ore prima, e finiti interamente di morire, e con essi feci morder più volte otto piccioni terraiuoli nella coscia, e non ne campò ne pur’ uno.
Feci tagliar’ il capo a quindici Vipere, e riposi que’ capi in un vaso di vetro ben coperti, e ammassati insieme, acciocchè si mantenessero umidi, e non si seccassero; Dopo quattro giorni ferij con essi capi cinque galletti, e cinque picciongrossi nelle cosce,