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356 | Sonetti italiani |
aggiungerò che, mentre alcuni, per questi sonetti, paragonavano il Belli a Tersite, e insinuavano perfino che volesse rovesciare altari e troni, Pier Alessandro Paravia a Venezia, Antonio Mezzanotte a Perugia, e il prof. Pietro Venturi a Roma gli facevano eco con altri versi. Il Venturi, anzi, leggeva e illustrava tra tt applausi universali„ all’Accademia Tiberina i due sonetti incriminati, e due delle indecenti risposte fatte con le stesse rime. V. il giornale romano La Rivista, del 31 luglio 1843.] 2 [Cosi in una copia autografa, mandata dal Belli al suo amico Giacomo Ferretti. Ma nell'ediz. di Lucca, e nella cit. Rivista, è stampato: tien saldi, e se ne capisce il perchè.]
AI MUSICÒMANI.1
Taccio se in una gola che vi bèi
Cantando insiem con arte e passione
Vogliate sprofondar qualche doblone
Negato ai saggi che non sono Orfei.
Ma lo sfrenato prodigar su lei
Fiori, lagrime, faci, inni e corone,
Ma il condurvela attorno in processione
Qual fosse il Verbum-caro o l’Agnus-dei,
Questo del secol nostro è vitupero,
Tanto maggior quanti più sono i passi
Che pur tentiamo verso il giusto e il vero.
Stolti! a civil felicità non vassi
Per crome o fuse; né diè a Roma impero
Stuol di soprani e di tenori e bassi.
[Perugia, agosto o settembre 1839.]
- ↑ [In una lettera da Perugia, 5 sett. 1839, al Ferretti, il Belli accompagnava questo sonetto con le seguenti parole: “I Perugini han fatto un inferno per la Frezzolini. Di tutto quel che puoi colla tua fervida mente immaginarti, non sono mancati che i cavalli staccati dalla carrozza e il tiro a petto d’uomini: eccesso a cui pure sarebbero trascorsi, senza un prudente no di Monsignor Delegato. Fortuna che qui trovasi un eccellente Ospedale pe’ matti.„ — V. il sonetto precedente.]