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Sonetti del 1834 273

sulle spalle prima con la punta delle dita e poi immediatamente col polso. Il pezzetto di legno appuntato si chiamava lippa, ora invece si chiama nizza: quindi prima si diceva giucà a llippa, e ora a nnizza, o a ttirillò. Ma nel senso metaforico, vivono tuttavia le frasi: va’ a ggiucà a llippa, va’ a llippa, ecc. — Secondo il Pitrè (Op. cit., pag. 151-54), nel quale possono vedersi le varianti e i riscontri del gioco in altre parti d’Italia, a Firenze si chiama arè busè, nome che manca anche al Giorgini- Broglio e al Rigutini-Fanfani; a Siena giromuso-fuso; in Colle di Val d’Elsa ghinè; in altri luoghi di Toscana lippa e mazzascudo.]      12 Chi ti lusinghi.      13 [Dal franc. allons.]      14 Gala di camicia.


LA DONNA FILISCE.

     Ggià, pperchè nun m’amanca la minestra
Me credeno una mojje affurtunata.
E io, vedi, sò ttanta disperata,
Che mm’annerìa1 a bbuttà da la finestra.

     Ne li guai d’antri2 ggnisuna è mmaestra.
Pe’ ccapì bbene er zon d’una sonata
Bbisoggna de sentì, ssora Nunziata,
Tutti li sciufoletti de l’orchestra.

     S’ha da stà a li crapicci e a li stravèri3
D’un maritaccio, pe’ ssapé, ccommare,
Si4 una donna pò vvive5 volentieri.

     V’abbasti questo cqua, cche da st’aprile,
Nun c’è ccaso che ttienghi,6 in quel’affare
Lui vò entrà da la parte der cortile.

25 aprile 1835

  1. Mi andrei.
  2. D’altri.
  3. Stravaganze.
  4. Se.
  5. Può vivere.
  6. Non c è rimedio.