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248 | Sonetti del 1834 |
ER MARITO ASSOVERCHIATO.
Gode, gode,1 caroggna bbuggiarona.
Bbrava! strilla un po’ ppiù, strilla ppiù fforte.
Troja, fàtte2 sentì: vva’, pp...anona,
Spalanca le finestre, ópre3 le porte.
Mo è ttempo tuo: oggi vò a tté4 la sorte.
Scrofa, làssela fà5 ssin che tte sona.6
’Na vorta ride er ladro, una la corte;7
E la cattiva poi sconta la bbona.8
Te n’ho ppassate troppe, foconaccia:9
Ecco perché mm’hai rotta la capezza,
Vacca miggnotta, e mme le metti in faccia.
Ma schiatterà er tu’ porco de prelato,
E allora imparerai, bbrutta monnezza,10
Cosa vò ddì un marito assoverchiato.
18 marzo 1834.
- ↑ Godi, godi.
- ↑ Fàtti.
- ↑ Apri.
- ↑ Vuol te.
- ↑ Lasciala fare [la sorte, si sottintende].
- ↑ [Sin che non ti si rivolta contro, non ti tradisce, non ti rovina.]
- ↑ [La corte de’ birri s’intende. E dev’essere un proverbio.]
- ↑ [Anche questo ha l’aria di proverbio: La cattiva (sorte) sconta la bbona.]
- ↑ Questo nome corrisponde nel senso a tutti gli altri titoli, de’ quali questo povero marito onora la sua buona moglie.
- ↑ Immondezza.