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Sonetti del 1834 245

LA MOJJE FEDELE.

     E aricacchia!1 Dall’antra2 sittimana
Ch’è rriannato3 in campaggna mi’ marito,
Viè4 cquer brutto pivetto5 intirrizzito
Tutte le notte a bbatteme6 la diana.

     Oh ccazzo! e cche ssarò? cquarche pputtana
Che ttira er zalissceggne7 per invito?
Nò, cojjone, sta’ llì, mmore8 ingriggnito,9
Sin c’aritorni a scòla a la campana.10

     Ôh, sserra la finestra, Ggiuvacchino,
Ch’io mommó11 ddo de piccio12 ar pitaletto
E l’ammollo per dio come un purcino.

     Che sse vadi a ffà fotte sto pivetto;
E nnoi, tratanto che llui fa er zordino,13
Spojjamosce de presscia14 e annàmo15 a lletto.

14 marzo 1834

  1. Ricacchiare: «rigermogliare»; qui per «ritornare».
  2. Dall’altra.
  3. Riandato.
  4. Viene.
  5. Pivetto, nome di scherno che si dà ai garzoni, specialmente a quelli che affettano modi virili.
  6. Battermi.
  7. Il saliscendo.
  8. Muori.
  9. Ingrignito esprime quella certa contrazione di muscoli e tendini, che si osserva negli assiderati.
  10. Cioè: «al suono della campana».
  11. Or ora.
  12. Do di mano.
  13. Fare il sordino: chiamare con un sottilissimo sibilo, siccome usano fra loro gli amanti.
  14. Spogliamoci di fretta.
  15. Andiamo.