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174 Sonetti del 1832

LI FIORI DE NINA.1

     Fiori, eh Nina? Ma ffiori tal e cquale?
Fior de pulenta,2 sì, propio de cuello
Da tajjasse a ffettine cór cortello,
E ppoi méttelo in forno co’ le pale.

     Me n’accorgo, per cristo, a l’urinale
Si cche ffiori m’hai messo in de l’u......!
Sai si cche ffiori so’, ccore mio bbello?
Cuelli der giardinetto a lo spedale.

     Eppoi se vede chiaro a li colori,
Ggiallo, rosso, turchino e bbarberesco,3
Che ste grazziette tue so’ ttutti fiori.

     E infatti, guard’iddio t’arzi la vesta,
Da cuelli fiori che cce tiènghi in fresco
Viè ffora una freganza che ti appesta.4

Roma, 10 dicembre 1832.

  1. [Caterina.]
  2. Gonorrea.
  3. [Suppongo che voglia dire “misto,„ perchè a Roma i barbareschi, ne’ giorni delle corse, portavano un gran berretto rosso con gran nappa turchina, fascia anch’essa turchina alla cintola, camicia di colore, e, mi pare, fazzoletto pur di colore al collo annodato al petto. Potrebbe però significare anche un colore vicino all’abbronzato, come per lo più erano le facce de’ barbareschi.]
  4. Comunemente dicesi in Roma di un forte odore: è un odore che appesta.