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160 | Sonetti del 1832 |
LA P...... E ’R PIVETTO.1
Ma gguardatele llì cche bbelle poste!2
Che ccapitali da mmettémme gola!
Oh annate a ddà la sarciccetta3 all’oste:
Annate a ffà la cacca a la ssediola.
Animo, lesto, sor fischietto,4 a scola,
E nnun ce state ppiù a ggonfià le coste:5
E ssi cciavéte a pparte la pezzola,6
Currétesce a ccrompà7 le callaroste.8
Ma ddavero le purce hanno la tosse?9
Cosa, peccristo, da pijjalli a schiaffi,
E ffajje diventà lle guance rosse.
Scopamme! lui! ma llui! vedi che ccacca!10
Cqua cce vònno, pe’ dio, tanti de bbaffi,
No un zorcio com’e vvoi sopra ’na vacca.
Roma, 25 novembre 1832.
- ↑ Ragazzo. [Ma è detto sempre con un po’ di canzonatura.]
- ↑ Avventori.
- ↑ Salsiccetta.
- ↑ [Si dice a’ ragazzi, ma sempre in tono più o meno canzonatorio, come pivetto.]
- ↑ Gonfiar le coste, vale: “molestare, annoiare.„
- ↑ Sogliono i fanciulli porre in serbo le loro monete o in vaso in cui è praticata una sottil feritoia che ne permetta l’accesso e non l’egresso [nel salvadanaio, insomma, che a Roma si chiama dindaròlo], oppure involte e legate in una pezzolina.
- ↑ Comprare.
- ↑ Caldarrosto. [Calde-a-rosto: le bruciate.]
- ↑ Proverbio, significante la vanità nell’impotenza, o la pretensione senza dritto.
- ↑ Arroganza, pretenzioncella.