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Sonetti del 1831 101

tra del Capo di S. Pancrazio Fanciullo, e Martire, e finalmente un’altra delle Reliquie di S. Artemisia Vergine, e Martire.„]      2 [Se non si miete a tempo, si sottintende. Modo comunissimo anche nell’Umbria.]      3 Buboni.

A LE PROVE.

     Ecco ch’edè:1 vò èsse2 solo er marro;3
A ccugnà4 le patacche a la tu’5 zecca:
Pe’ cquesto te viè a ddì,6 llinguaccia secca!,7
Che, cquanno sparo io, raro sc’ingarro.8

     De che?9 la mi’ pistola nun fa ccecca,10
Sibbè cche ffussi11 caricata a ffarro.
Eppoi, Tuta,12 viè cqua,13 ffamo14 un bazzarro,
E ssi15 nun còjjo16 a tté, ddàmme la pecca.17

     È vvero ch’a sto monno in centomila
Nun c’è ggnisuno che ppò ffàsse18 bbravo,
Ché sse19 ponno crepà mmanico e ppila;20

     Però ssi15 ll’anni addietro io me cavavo
Un ott’o ddiesci gustarelli in fila,
Pe’ ddodisci oggi puro21 mé li cavo.

Roma, 23 novembre 1831.



  1. Che è, cos’è.
  2. Vuol essere.
  3. Il marro, nome che si dà alla parte più rozza e risoluta del popolo.
  4. Coniare.
  5. Tua.
  6. Ti viene a dire.
  7. Malèdica.
  8. Ingarrare: dar nel segno.
  9. Come?!
  10. Far cecca: fallire.
  11. Benchè fosse.
  12. Gertrude.
  13. Vieni qua.
  14. Facciamo.
  15. 15,0 15,1 Se.
  16. Còjjo: [colgo], colpisco.
  17. Dar la pecca, trovar la pecca: criticare.
  18. Può farsi.
  19. Si.
  20. [Pentola.]
  21. Pure.