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Sonetti del 1837 89

     8 dall’anno 1815 al 1850; 2a ediz.; Firenze, 1850; vol. I, pag. 65. — V. anche il sonetto: Li Papalini, 27 genn. 32.]      9 A questa maniera.      10 Soldato.      11 Darsela.      12 Oratorio notturno [dei Gesuiti, celebre per l’accorrervi de’ fedeli a disciplinarsi, e per le scenette comiche cagionate da questa pia usanza. V. la nota 1 del sonetto: Li Fratelli ecc., 19 dic. 32].


ER FIJJO D’ORO.

     Che ttalento de fijjo! Uh bbenedetto!
Je spunteno le grazzie co’ li denti.
C’è la commare che nn’ha ffatti venti
E cce ggiura ch’è un angelo, un folletto.

     Eccolo, ancora me s’attacca ar petto,
Sì e nno vva ssolo, e ggià ddisce accidenti.
Ha ttrenta mesi a mmaggio, e, ssi1 lo senti,
Bbiastìma,2 fijjo mio, com’un ometto.

     Lui pe’ strada ’ggni bbrécciola3 che ttrova
Nun pò ttiralla, ché jj’amanca er fiato,
Ma bbisoggna vedé ccome sce prova.

     Si1 ttanto me dà ttanto4 appena nato,
Da granne ha da venì ’na cosa nova:
Ha da dà rresto5 a ttutto er viscinato.

11 marzo 1837.

  1. 1,0 1,1 Se.
  2. Bestemmia.
  3. Breccia, per “sassolino, pietruzza.„
  4. Giustissima regola del tre.
  5. [Ha da dare il resto]: ha da dar brighe.