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432 | Sonetti del 1847 |
L'APPUNTAMENTI SU LA LUNA
Quanno stavo a Ppavia cór padroncino
Io m’accorze una vorta, anzi più d’una,
C’upriva a mmezzanotte un finestrino
E sse metteva a ccontemprà la luna.
Dico: “Che cc’è de bbello, sor Contino?.„
Disce: “Tasci:1 nun zai la mia furtuna?
Guardo quer che mo gguarda ir ber divino
Cijjo de la contessa di Varbruna.„
E ssiccome tra mmé e la cammeriera
C’era quer [che] tra llui e la padrona,
Ché, nnerbigrazzia, quarche cosa c’era,
Je fesce2 er giorn’appresso: “Di’ un po’, Oliva:
Stanotte a mmezzanotte sta drondróna3
Che ccosa stava a ffà?.„ Ddisce: “Dormiva.„
26 febbraio 1847
- ↑ [Un Romanesco non direbbe mai taci, ma sempre azzìttete, zìttete, sta’ zitto, ecc. Qui però lo dice, per rifare il discorso romantico del sor Contino, e metterlo in caricatura. Per la stessa ragione dice anche mia, ir e di, invece di mi’, er e de.]
- ↑ [Gli feci: le dissi]
- ↑ [Un mio amico romano mi scrive: “Drondrona vuol dire donna squarquoia, e più spesso donna che fa commercio della propria persona. Quando io ero ragazzino, (egli ha passato i quaranta), “mi ricordo che si cantava una canzone contro le donne, nella quale, a ogni verso, si ripetevano le voci dron dron imitando il suono della chitarra. Mi sovviene ancora questa strofa:
Credo che drondrona sia derivato da questa canzone.„ Ma potrebbe anche essere il rovescio di quel che crede il mio amico.]
Tutte le donne belle,
Dron dron.
Dron dron.
E tu sei una di quelle,