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Sonetti del 1847 403


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     Anzi, appostatamente ciài d’annà
e ddijje chiaro chiaro: «Eccheme cqui».
Allora quarche ccosa l’ha da dì,
e ssai come potette regolà.

     Si tte confessa lui la verità,
s’aggiusta la bbaracca llì per lì:
si ppoi nega, lo cucchi luneddì
e hai raggione da venne e dd’affittà.

     Seguitanno a cciarlà ccome fai tu,
oggi o ddomani che lo viè a ssapé
stai fresco, stai: nun te la sbrojji ppiù.

     Tu nun te sai risorve, ecco ch’edè.
E si nun fussi ch’io te metto sù
nun ze darìa cardeo peggio de té.

21 gennaio 1847