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358 Sonetti del 1846

LI NIMMICHI DE PAPA GRIGORIO.[1]

     E arriva a ttanto er dente avvelenato
De sti strilloni aretichi somari
Pe’ cquer povero papa Cappellari
Mo spesciarmente che jj’è uscit’er fiato,

     Che ddicheno inzinenta[2] ch’è ppeccato
De scelebbrajje messe e nniverzari,
E vvorrìeno scassà dda li lunari
Fino quer giorno dua[3] ch’ebbe er papato.

     E nun basta; c’è cquarche ffuribbonno,
Che cce conzijja de scordallo, come
Sto Papa cqui nun zii mai stato ar monno.

     Ma ppe’ ggrazzia de ddio e der governo,
Ce so’ bboni pitaffi cór zu’ nome
Da ricordallo a ttutti in zempiterno.[4]

3 novembre 1846.

  1. [V. la nota 1 del sonetto: Er Papa ecc., 18 ott. 46. — “...Gregoriaccio, vous savez, c’est le mot propre à Rome.„ Lett. 25 luglio 1847 di M. d’Azeglio al Doubet. Rendu, Op cit., pag. 17. — Il Coppi racconta che il 1° di giugno 1817, “anniversario della morte di Gregorio XVI, in Roma molti perdutissimi incorsero nell’infamia di celebrarlo allegramente con pranzi, cene e danze prolungate a notte avanzata;„ e “in Ancona coloro che intervennero al teatro, in segno di gioia speciale si ornarono con mazzetti di verdi foglie, come sogliono portare i soldati nelle circostanze giulive.„ Annali cit., tom. IX, pag. 97.]
  2. [Insino, persino.]
  3. [Il 2 febbraio 1831.]
  4. [“Fu umano, cortese, amorevole e anche benefico con quelli che andavano a versi al suo mal governo. Per ciò gli fu si caro il cardinal Tosti, che, per gratitudine di avergli fatto straziare le ricchezze dello stato, contaminò i monumenti pubblici di bugiarde iscrizioni.„ Ranalli, Op. e vol. cit., pag. 30.]