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Sonetti del 1845 281

L'EDITTO DE NOV'IDEA.1

     Ma cche vvojji èsse vero, eh Sarvatore,
Quer che ddisceva er zervitor de Quajja,2
De st’editto ch’è usscito a Ssinigajja
Su li rigali de chi ffa l’amore? —

     Sèntime: quello sta cco’ un Monziggnore
Che in ne la sala sua poco se sbajja.
Eppoi nu’ lo sa ppuro sta canajja
De spie de Monziggnor Governatore?3

     Ma ddunque chi ssarà sto spaccamonte,
Ch’ha ccacciato sta lègge scojjonata? —
A. M. Cardinal Vescovo e Conte. —

     Vescovo a Ssinigajja, io da regazzo
Ciò vvisto er cardinal Testaferrata.4
E mmó cc’è er Cardinal Testa de ..... .

15 gennaio 1845

  1. [Negli Ultimi casi di Romagna, a proposito di quest’editto, il D’Azeglio scrive: “Io ero in Roma. L’editto girava di tasca in tasca, di conversazione in conversazione; e non ti dico che risate se ne facesse,.... essendo la più pazza cosa del mondo.„ Perfino il Chigi, nel cit. Diario, 7 genn. 45, dice che in que’ giorni si parlava molto delle “strane„ disposizioni di quell’editto, del quale erano “venute delle copie a Roma.„ Io ne ho già dato un piccolo saggio nella nota 10 del sonetto: La luna, 11 giug. 34; ma qui mette conto di riportarlo integralmente: “Noi Anton Maria Cagiano, Vescovo di Senigallia, Cardinale del titolo ecc., abbiamo ordinato quanto segue: — 1. I Genitori od altri Padri di famiglia, i quali osservano contrarsi genialità fra giovani d’ambo i sessi da loro dipendenti, sia per visite reciproche ripetute anche per tre volte sole, sia per altri argomenti, sono obbligati a presentarsi al proprio Parroco, per ricevere dal medesimo analogo consiglio. Se il Parroco manifesta nel caso difficoltà o impossibilità di matrimonio, i genitori od altri capi di famiglia sono tenuti d’inibire immediatamente ogni relazione fra i giovani stessi. Nel caso poi che il matrimonio possa andare ad effetto fra l’anno, tanto i Parrochi che i genitori avranno presenti le sante disposizioni del Sinodo del Cardinale Honorati al cap. 8, adoperando ogni studio onde eliminare in tutto le riprovevoli licenze, con cui la maggior parte di sposi trattano le fidanzate; ammonendoli efficacemente, che non contraggano scambievoli dimestichezze, né loro permettano d’usarsi senza la presenza di gravi persone gli stessi uffici d’urbanità, e molto più di coabitare nella medesima casa prima del contratto matrimonio. — 2. È proibito ai giovani ed alle giovani sotto qualunque pretesto e prima dell’epoca nuziale il dare e ricevere regali. — 3. È obbligato ciascun genitore o altro capo di famiglia d’impedire con effetto che i giovani loro dipendenti facciano o ricevano i suddetti regali. — 4. Il contravventore alla presente disposizione è punito con quindici giorni di carcere, ove dovrà mantenersi a proprie spese, ed i regali sono devoluti ad usi Pii da stabilirsi da noi. — 5. Chi non ostante la condanna alle pene anzidette si rendesse immendato [sic] e perciò recidivo, dopo la terza volta che sarà ammonito senza effetto e verrà ad esso fatta [sic] dal Parroco, sarà da noi scomunicato, e se contadino, nella qual classe si verificano più comunemente gli accennati disordini, rimane in nostro arbitrio di farlo invece licenziare dalle colonie appartenenti alle Chiese, ed esortare i laici a fare altrettanto, onde concorrano anch’essi ad estirpare un abuso che tanto nuoce al bene pubblico e privato. — 6. Chi prima della pubblicazione del presente Editto avrà ricevuto regali, è tenuto di farne la restituzione non più tardi di tre mesi dalla seguita pubblicazione, ovvero dentro questo termine dovrà contrarre sponsali. — 7. Gli sponsali contratti come all’articolo precedente, e quelli che saranno in appresso per contrarsi, se non saranno seguiti dalla celebrazione in faccia alla Chiesa nel termine di un anno, si ritengono fatti in frode della legge, ed assoggettano i contravventori alle pene comminate nel presente Editto. — 8. I RR. Parrochi leggeranno dall’altare in tempo della messa solenne per tre feste consecutive queste nostre prescrizioni. — Dato a Senigallia, li 13 dicembre 1814. — Ant. Maria Vesc. Card, e Conte.„]
  2. [Monsignor Angelo Quaglia, che nel 1845 era uditore di Rota, e, fatto cardinale nel 61, morì l'anno seguente.]
  3. [Governatore di Roma, e direttor generale della polizia di tutto lo Stato.]
  4. [Il cardinale Fabrizio Testaferrata fu vescovo di Sinigaglia dal 1816 fino alla sua morte, cioè fino al 3 agosto 1843, e gli succedette il Cagiano.]