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Sonetti del 1845 271

ER COTTÌVO.1

     È ffinito er cottìvo? — Ehée, da un pezzo. —
Ggià, pprezzettacci? — Ma de che! mma indóve!
Inzinenta, fratello, che2 nun piove,
La pesca è mmosscia,3 e nun ribbassa er prezzo.

     Sai ch’hai da dì? cch’er popolo sc’è avvezzo.4
Ma ebbè ddunque, di’ ssù: ddamme le nove. —
Eh, ll’aliscette5 e la frittura a nnove:6
Li merluzzi7 e le trijje a ddiesci e mmezzo:

     Le linguattole e ’r rommo8 a ddu’ carlini:9
A un papetto10 la spigola e ’r dentale;
E ssu sto tajjo l’antri pessci fini. —

     E, ddi’ un po’, lo sturione quanto vale? —
Ne so’ vvenuti dua, ma ppiccinini,
E sso’ iti in rigalo a un Cardinale.

11 gennaio 1845.

  1. [Oggi più comunemente cottìo, è l’asta o incanto del pesce, che si fa tutti i giorni, ma in modo più strepitoso la notte dell’antivigilia di Natale. E quest’anno (1886) così lo preannunziava il corrispondente romano della Perseveranza (N. 9771): “Tutta la immensa quantità di pesce che domani dovrà essere ingoiato nel cenone della vigilia di Natale, si deposita questa notte nella grande pescheria di S. Teodoro, e dal tocco alle 4 ant. se ne fa la vendita all’asta pubblica, illuminata da fantastiche torce a vento. Il grido degl’incantatori, il contrasto fra venditori e compratori, il vociare del pubblico curioso formano un complesso assordante, ma vario e divertente. È una specialità del mercato romanesco. I compratori di questa notte diventano alla loro volta venditori domani, rifacendosi caramente sul prezzo della ghiotta merce.„]
  2. [Fino a tanto, caro mio, che ecc.]
  3. [Scarsa, magra.]
  4. [A pagar caro il pesce e ogn’altra cosa.]
  5. [Alicette, alici: acciughe.]
  6. [A nove baiocchi la libbra', cioè poco meno di una lira e mezzo al chilogrammo.]
  7. [I naselli.]
  8. [Le sogliole e il rombo.]
  9. [A quindici baiocchi.]
  10. [A venti baiocchi.]