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Sonetti del 1844 | 247 |
UNA SERENATA.1
Occhi de gatto, bbocca de fornello,
Naso da dà ppe’ bbecco ar pappagallo,
Cera de torroncino e de pangiallo,2
Grugnaccio spizzicato da l’uscello:3
Collo da colonnetta de cancello,
Schina commare de Montecavallo,4
Cianche vinte co’ un zette su lo spallo:5
Sei l’asso e ttiette sù, ccore mio bbello.
E cquelli mostri de li tu’ parenti,
Je pijji una saetta a ttutti quanti,
So’ una gabbiata zeppa de scontenti.
Spero però cche Ccristo co’ li Santi
Ve connischi un guazzetto d’accidenti,
Pe’ ffavve cascà ttutti a ffacciavanti.6
27 dicembre 1844.
- ↑ [Cfr. l’altro sonetto: La serenata, 25 sett. 35.]
- ↑ [“Un mandorlato che si mangia a natale.„ Così, altrove, lo stesso Belli.]
- ↑ [Spilluzzicato dall’uccello: butterato.]
- ↑ [Schiena comare, cioè: “amica e quasi parente, di Montecavallo (V. la nota 1 del sonetto: Er Zantissimo ecc., 31 mar. 36): gobba.„]
- ↑ [Gambe avute per caso, per un colpo di mera fortuna, e storte come un sette. Poichè lo spallo è “lo sballare,„ e vince con un sette su lo spallo chi, riprendendo, riceve un sette, e con esso fa il miglior punto, ma ha corso il pericolo di sballare, se gli fosse venuta una carta più alta. — Va anche notato che quando a Roma si gioca a tombola in famiglia, e nella mia fanciullezza questo innocente supplizio era in grandissima voga, colui che estrae i numeri, chiama, o almeno chiamava il 77, sempre immancabilmente con la sacramentale perifrasi: Le gambe delle donne!]
- ↑ [Sgarbati. Brutti e scontenti si dice anche comunemente.]