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Sonetti del 1843 211

LA SCERRITI.1

     Cert’è che sta Scerriti, sor Cammillo,
Tra ffiori a cceste e scartafacci a bbótte,2
Da du’ora inzinent’a mmezza notte,
Sartò in zur gusto de ’na purcia o un grillo.

     Ma cch’a ’ggni zzompo3 meritassi un strillo
Da sti guitti fijjacci de mignotte,
Sarìa faccenna de mannà a ffà fótte
Loro e cchiunque s’azzardassi a ddillo.

     Eh da cqui avanti appena pisscia un cane,
Che ssiino bbuggiarati in zempiterno,
Se sfogheranno a ffuria de campane.

     A mmé cchi me fa spesce4 è dder Governo,
Che invesce, c...., de fa ccresce5 er pane,
Averìa da impedì ttutto st’inferno.6

  1. Per la beneficiata della ballerina Cerrito in autunno 1843, al Teatro Aliberti. [“Mercoledì, 22 novembre 1843. Questa sera a Aliberti è stata recita fuori di giro dell’appalto e di benefizio della signora Cerrito.... Il concorso e l’applauso sono stati quasi senza esempio. Oltre i fiori, poesie, ritratti, gli è stata offerta una corona d’oro con belle pietre.... Ritornata la signora Cerrito alla sua abitazione in Piazza di Spagna, si affollò innanzi alla medesima una turba numerosissima di persone di contrario partito, che proruppe per lungo tempo in fischi ed ingiurie contro la medesima, in modo che i Carabinieri crederono dovere sparare alcuni colpi di pistola all’aria, che dispersero immediatamente l’attruppamento.„ Chigi, Diario cit.]
  2. [Scartafacci a botti. Le poesie degli ammiratori.]
  3. [A ogni salto.]
  4. [Mi fa specie, mi fa maraviglia.]
  5. [Di far crescer di prezzo.]
  6. [Col titolo: La partenza della Cerrito da Roma, il Messaggiere Torinese del Brofferio, il 3 febbraio 1814, pubblicò un sonetto italiano del Belli, che, senza il nome di lei, si trova anche tra i Versi del nostro autore stampati in Lucca nel 1843. Ma in una lettera inserita nella Rivista del Tosi (Roma, 20 febb. 44), il Belli dichiarò che quel sonetto lo aveva scritto tre anni prima “senza alcuna particolare intenzione, ma unicamente perchè servisse al bisogno, come una giubba che si attagli a ogni dosso.„ La stessa cosa voleva che si credesse di due altri sonetti italiani, che col nome della Lalande e della Frezzolini, festeggiate freneticamente a Perugia nel 34 e nel 39, avevano corso tutta Italia. Ma questi dagli autografi si rileva ch’egli li aveva scritti realmente ad personam, cioè contro i fanatici ammiratori delle due celebri cantanti; e gli fruttarono un sacco d’impertinenze, compresa la pericolosa accusa d’un poeta anonimo, di voler rovesciare altari e regni. (V. la cit. Rivista, 31 luglio 43.) In una lettera da Perugia, del 5 sett. 39, al suo amico Giacomo Ferretti, accompagnava il secondo di codesti sonetti, con le seguenti parole: “I Perugini han fatto un inferno per la Frezzolini. Di tutto quel che puoi colla tua fervida mente immaginarti non sono mancati che i cavalli staccati dalla carrozza e il tiro a petto d’uomini: eccesso a cui pure sarebbero trascorsi, senza un prudente no di Monsignor Delegato. Fortuna che qui trovasi un eccellente ospedale pe’ matti.„ I due sonetti possono vedersi a pag. 31-32 della cit. edizione lucchese, e in fondo al vol. VI dell’edizione presente.]