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Sonetti del 1841 165

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     Ahà, rriecco l’acqua!2 E ’ggni tantino,3
Dico, s’ha da vedé sta bbell’istoria?
’Ggni ggiorno ’na maggnata e ’na bbardoria,
Da fà vvenì la caristia der vino!

     Inzomma, o ariccojjémo la scicoria4
O ssémo tanti préncipi Piommino,
A sto paese cqui, ppare un distino,
Tutti li sarmi finischeno in groria.

     Chi mme fa spesce5 a mmé sso’ sti screpanti6
De sti mastri de scola a la Sapienza,
Che llaggiù nun n’abbuscheno poi tanti.

     Manco si ll’oro fussi princisbecche!
Ma ggià, daranno fonno a la credenza
De le pascelle7 e de le laure secche.

2 giugno 1841.8

  1. [Senza titolo. Ma fu recitato il 3 giugno 1841 dall’autore stesso insieme con tre sonetti italiani, a cui è unito e che tuttavia non mette conto di pubblicare, al pranzo de’ professori della Sapienza o Universita romana, al quale eglio, benchè affatto estraneo alla medesima, era stato invitato.]
  2. [Ecco di nuovo l’acqua: siamo daccapo.]
  3. [Ogni pochino, ogni momento.]
  4. [Raccogliamo la cicoria: siamo poveri.]
  5. [Specie, maraviglia.]
  6. [Smargiassi.]
  7. [Pagelle.]
  8. [Nel 1841 il Belli scrisse anche cinquanta terzine romanesche, per un altro invito a pranzo (Dico una cosa che nun è bbuscìa), e un Dialogo (Marco e il Poeta) per la premiazione all’Ospizio di Tata-Giovanni, anch’esso in terzine, e nel quale Marco, un ragazzo, parla il romanesco, e il Poeta l’italiano.]