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Sonetti del 1838 | 155 |
A LA SOR’ ORZOLA.1
Dico, perdonerà, ssor’ Orzolina,
Si ho vvorzuto arrocchià,2 ddico, un zonetto,
Pe’ ddàllo a llei dimenic’ a mmatina3
Appena sscéggne ggiù, ddico, dar letto.
Lei, dico, ha un tocco de corata in petto,
Che ssimmai quarche vverzo nun cammina
Scuserà, ddico, un povero pivetto4
Che ccómpita pe’ ggrazzia5 la dottrina.
Io nun zo’, ddico, un conte o un cardinale
O cquarch’antra perzona de talento:
La mi’ testa è una testa duzzinale.
Si6 er mi’ sonetto da un bajocco er cento
Zoppica e nun è rrobba pe’ la quale,7
Bbasta che llei gradischi er comprimento.
18 ottobre 1838.
- ↑ [Orsola Mazio, cugina del Bellia, maritata ad Angelo Balestra di Bassano, ma dimorante a Roma.]
- ↑ Se ho voluto gettar giù, raccapezzare così in grosso.
- ↑ Domenica 21 ottobre 1838, giorno di Sant’Orsola. [E il sonetto, in italiano, trascritto dal Belli dietro un’altra copia di questo in romanesco che lo accompagnava, dice così:
IL QUADRO DI S. ORSOLA.
Vedi, o cugina, questa lunga fila
Ne fur raccapezzate undicimila
Di putte che al pittor va a garbo e giova
Fare uscir da un portone o da un’alcova,
Per risparmiar colore entro la pila?
Vergini son, come natura stila
Le femine produr nell’età nova;
E, poi che al mondo chi ben cerca trova,
Tutte sen van con una palma in mano
Dietro a colei che a tante verginelle
È come dir l’alfiere o il capitano.
Vedi, Orsoletta mia, come son belle!
Ah perché venne un Angiol di Bassano
A cancellare il tuo nome da quelle!Nel giorno di sant’ Orsola del 1838.]
- ↑ Ragazzo.
- ↑ Che ha a caro e grazia di compitare ecc.
- ↑ Se.
- ↑ Non è roba conveniente.