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140 Sonetti del 1838


L'ASPÈTTITO DE LA GGIUSTIZZIA

2.

     Quanno a vvent’ora e ppiù monziggnor Ciacchi1
Vedde2 ch’er reo, pe’ li su’ ggiusti fini,
Voleva annà a mmorì ccom’e Ttarghini,3
E cche ttutti li preti èreno stracchi,

     Lassò in ner mezzo una partita a scacchi,
E annò a ddì ar Papa: “Sa? cquer Venturini,
Co ttutto San Giuvan de Fiorentini,4
È inutile a sperallo che ss’abbacchi.„5

     Er Zanto Padre a sto tremenno avviso,
Cacciò ’na chiave maschia da l’interno
D’un bussolotto, e stiede6 Un po’ indisciso.

     Poi, pe’ un impurzo7 der zu’ cor paterno,
Riponenno er chiavon der paradiso,
Disse: “Tar8 sia de lui: vadi9 a l’inferno.„10

25 gennaio 1838

  1. Governatore di Roma.
  2. Vide.
  3. Giustiziato anni prima, [il 23 novembre 1825] per delitti commessi con mandato della società occulta de’ carbonari e morto impenitente assieme a Leonida Montanari.
  4. Non ostante San Giovanni, ecc. Questa è l’archiconfraternita che assiste i condannati al supplizio.
  5. Che si raumili, che ceda.
  6. Stette.
  7. Impulso.
  8. Tal.
  9. Vada.
  10. [Massimo d’Azeglio, testimonio della fine del Targhini e del Montanari (V. la nota 8), ci fa sù queste considerazioni: “Non potei in quel fatto non esser colpito dalla barbara inconseguenza alla quale l’autorità temporale può spingere l'autorità religiosa.... Secondo la fede cattolica, quali conseguenze dovette avere una simil fine? E da un altro lato, se quel giorno il loro cuore rimaneva chiuso al sentimento religioso, chi ci dice che non s’aprisse un giorno dopo? Iddio avrebbe conceduto il tempo a costoro; non era ne’ suoi disegni precipitare quelle anime nel luogo dove il dogma cattolico vede morta ogni speranza di perdono; ed era il Papa, il quale correggendo la divina clemenza, gli gettava inesorabilmente nell’abisso de’ reprobi! Se qualche cosa potesse far impressione sugli uomini di partito, sembra che casi simili non dovrebbero passare inosservati: sembra che dovrebbero svegliare negli interessati, almeno il dubbio che qualche cosa vi fosse da modificare nel complicato organismo della Chiesa romana. Ma la negazione della verità conosciuta è stata sempre una delle armi più familiari all’egoismo, e non è sperabile che esso la voglia gettare oggi per farci piacere.„ I Miei Bicordi, cap. XXVI.]