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Sonetti del 1837 117

ER CAMPANONE DE MONTE-SCITORIO.

     S’è ccrepato, fijjoli, er campanone
Der tribbunale;1 e ddéven’èsse2 stati
Tutti li mappalà3 cche jj’ha mmannati4
Chi ha aùto torto co’ l’avé rraggione.

     E ccome mo sse chiamerà5 l’abbati6
A sgrassà7 li crienti in quel macchione?
Come se sonerà nne le funzione
E nne li temporali scatenati?

     Conzolateve, fijji: er tesoriere,
Doppo avé bbestemmiato un mes’e mezzo,
A la fine ha cchiamato un der mestiere;

     E jj’ha ddetto cór zolito su’ stile:
“Favorischi, sor ladro: ch’edè8 ir prezzo
Pe’ rrifà la campana ar campanile?„9

5 giugno 1837.

  1. [A Montecitorio c’erano allora i tribunali civili.]
  2. Debbono essere.
  3. Imprecazioni, maledizioni.
  4. Gli ha mandati.
  5. Si chiamerà: [si chiameranno].
  6. [Cioè: “gli avvocati,„ che avevano titolo di abati. V. la nota 1 del sonetto: Er corpo ecc., 8 genn. 32.]
  7. Sgrassare, corruzione [?] di grassare, verbo formato da grassatore.
  8. Che è: qual è.
  9. Il profondo ministro dell’erario di S. Chiesa, monsignore Antonio Tosti [sulla cui pessima amministrazione si vedano, tra gli altri, i sonetti: Er volo ecc., 13 genn. 45], chiamato monsignor Telegrafo in grazia di due lunghe e irrequiete braccia, pretendeva che per riguardi economici si dovesse fondere la nuova campana sul campanile stesso, cosicchè compiuto appena il processo della fusione, non mancasse che battezzare la campana, agitare il battaglio e suonare.