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Sonetti del 1837 111

ER RIMEDIO PE’ LO STATO.

     Nun zerve, caro lei, che cce s’infochi.
Piano: lei senti la raggione, senti.1
A mmé mme pare che in sta tor-de-vènti2
Se vojji3 la miseria e cce se ggiochi.

     Come! hanno a Rroma e in centomila lochi
Tanti servi de Ddio pe’ li conventi,
Tutti capasci de fà un diesci o vventi
Miracoloni ar giorno, a ddinne4 pochi...

     E pperchè nun je fanno un bèr rapporto
De li bbisoggni presenti e ffuturi?
Perché, inzomma, er discorzo è ccorto corto:

     Uno ch’ha li miracoli sicuri,
Tanto j’è d’aridà la vita a un morto
Quanto creà un mijjon de pezziduri.5

30 maggio 1837.

  1. Senta.
  2. [In questa torre esposta a tutti i venti; in questa disgraziata città. Ma propriamente, la Torre de’ venti è quella che, in forma di emiciclo, chiude il giardino del Vaticano detto della pigna, e contiene il Museo egiziano. Fu incominciata da Nicolò V, terminata da Giulio II, restaurata da Pio IV, e rinnovata da Clemente XI.]
  3. Si voglia.
  4. Dirne.
  5. [Un milione di scudi.]