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Sonetti del 1835 67


porte del Ghetto.]      2 Il teatro dell’opera buffa.      3 Michele Mitterpoch, ministro della dispensa de’ biglietti. ecc.      4 L’uficio di dispensa.      5 Il banchiere di questo nome.      6 Il signor Giacomo Fontemaggi, romano, tanto buon cristiano quanto esimio maestro di cappella, stava da un mese bastonando regolarmente la moglie e i figli, perchè digiunassero e pregassero Iddio pel buon esito della sua Testa di bronzo. Questo è il titolo di un dramma di Felice Romani, ornato dal Fontemaggi colle sue inspirazioni musicali, togliendone le parole da un altro lavoro armonico precedente al suo. Il nostro Orfeo è figlio di altro melodista della stessa tacca; al servizio del musicissimo cardinale Giuseppe Albani, testè mancato ai vivi e alla musica. La Eminenza Sua, vivendo, impose quasi autorevolmente all’impresario Giovanni Paterni il flagello del melodramma qui encomiato.      7 [Le chiocce.]      8 Selvaggi.      9 Non sono.      10 Carriaggi.      11 Apoca.      12 Gli vorrebbe.      13 Ma inutilmente.      14 Non sente legge.      15 Per farsi.      16 [Niente più che una variante di questo sonetto è quest’altro in italiano, che il nostro Poeta scrisse lo stesso giorno 9 gennaio 1835, e di cui fece parecchie copie, con l’intenzione, si vede, di distribuirle agli amici:

     Caro signor Michele Mitterpocche.
Ella che può goder tutti li saggi,
Dica: il signor maestro Fontemaggi
Per chi ha scritto? pei galli o per le biocche?

     Narrano che neppur fra li selvaggi
S’udrebber cantilene così sciocche,
E le sue, più che musiche da bocche,
Sien motivi da ruote di carriaggi.

     Dica di grazia: è ver che l’impresario,
S’egli rescinde l’apoca, o se muore,
Gli voglia regalar mezzo salario?

     E che invece il signor compositore
Abbia creduto e creda necessario
Di dar l’opera sua per farsi onore?]