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422 | Sonetti del 1836 |
ER REGAZZO IN ZENTINELLA
Embè? vviengo, sì o nnò? M’opri, Luscia?
Nun te chiedo antro1 che sta vorta sola.
Che ppaur’hai? te dico una parola
In piede in piede e mme ne torno via.
Tìreme2 er zalissceggne3 Luscïola;
Sbrìghete, che mmommó4 è la vemmaria
Der giorno, e ll’arba5 ce pò ffà6 la spia.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Come?! è ppeccato er parlà da viscino?
Oh ttu, ccristiana mia, sei mórto7 addietro,
E cconfonni accusì ll’acqua cór vino.
Si8 ttu cchiudi a ddispetto der Vangelo
La tu’ porta ar tu’ prossimo, san Pietro
Te serrerà ppoi lui quella der celo.
20 marzo 1836