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410 Sonetti del 1836

ER RIFRESCO DER ZOR GIACHEMO.[1]

     Serva sua, siggnor Giachemo. È ppremesso?[2]
Se pò entrà?[3] Ccome va la partoriente?
Oh mmanco male, via, nun zarà ggnente.
Dio la conzóli co’ mmill’antri[4] appresso.

     E er pupetto?[5] Che nnome j’hanno messo?
Perché, inzomma, vedenno tanta ggente,
Me vojjo figurà nnaturarmente
Che ll’hanno, dico, bbattezzato adesso.

     E cchi ha aùto,[6] s’è lléscito, l’avvanto[7]
D’èsse[8] er compare? Ih, gguardi, er zor Cassciano![9]
Me n’arillegro tanto, tanto, tanto.

     Dunque lei je lo dàssivo[10] pagano
E llui cór un po’ d’acqua e dd’ojjo santo,
Eccolo llì, vve l’aridà[11] ccristiano.[12]

22 febbraio 1836.

  1. Il rinfresco del signor Giacomo [Ferretti. — V. il sonetto: Er baliatico ecc., 2 febb. 36.].
  2. È permesso?
  3. Si può entrare?
  4. Con mille altri [figli].
  5. [Pupo, pupetto: bambino, bambinello. Dal lat. pupus.]
  6. Avuto.
  7. Il vanto.
  8. D’essere.
  9. [Il cav. Luigi Casciani.]
  10. Glielo daste.
  11. Ve lo ridà.
  12. [Ve l’ho preso pagano, ve lo riporto cristiano: lo dice per solito, anche nell’Umbria, la levatrice alla puerpera, allorchè dopo il battesimo le riporta il bambino.]